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IL GIGLIO DELL’AQUILA

(TRA LA MEMORIA DEL PASSATO E LA SPERANZA PER IL FUTURO)

 

L'AQUILA. Sulla parete esterna di alcuni palazzi dell'Aquila ci sono dei gigli in ferro battuto. Quei fiori sono legati alla storia della città ed in particolare al terremoto del 1703. I fiori erano stati posizionati sui muri che il terremoto del 1703 non era riuscito a far crollare. E da quei muri gli aquilani di trecento anni fa ripartirono per ricostruire la loro - ed oggi la nostra - città.


Questo libro è dedicato a Simona ed alle 308 persone che, assieme a Lei, hanno perso la vita in occasione del sisma del 6 aprile 2009. Questo libro è altresì dedicato ai bambini - speranza per il futuro di questa terra ferita - e ai parenti delle vittime che insegnano loro ogni giorno cosa significa vivere il presente con il passato custodito per sempre nei loro cuori.

 

 

UNA INTRODUZIONE...


Il devastante terremoto dell'aprile del 2009 si è portato via vite umane, ha distrutto una città capoluogo e decine di paesi del circondario aquilano ma ha anche disintegrato un tessuto economico e sociale che era già precario prima del sisma. Questo libro, scritto a più mani dai dipendenti Transcom, è il racconto in diretta di decine di persone che, in pochi secondi, si sono trovate senza punti di riferimento e con la terribile sensazione di aver perso oltre  agli affetti personali e alla casa, anche il posto di lavoro.


I ricordi si snodano in percorsi a volte accidentati, a volte più lineari, sempre carichi di un dolore che prende dentro e non molla mai.


Questo è un libro da leggere non tanto o non solo perchè ripropone l'esperienza, comune a tanti aquilani, riferita ai momenti del sisma ma soprattutto perché evidenzia,  più che tante altre pubblicazioni uscite nel post sisma,  come ora dopo ora, giorno dopo giorno è maturata la voglia di reagire, di non arrendersi di fronte a una tragedia che tutto sembrava aver cancellato. A leggerle con attenzione le singole cronache si fanno coro in un crescendo che esplode nella volontà di tornare a esserci, di riconquistare e difendere una dignità che nel lavoro e nell'impegno trova la sua massima espressione.

Traspare una voglia di rinascere che è fondamenta di un futuro ancora tutto da costruire ma capace di scaturire solo da un civismo che supera il personale e si fa collettivo.

Quasi tutti gli autori sono giovani o giovanissimi. Se da loro parte la riscossa allora questa città non chiuderà per sempre il libro della sua storia secolare. Per questo a loro va anche il grazie di chi il sei aprile 2009 è finito in un tunnel buio nel quale non tornerà più la luce.

Giustino Parisse

 

Novembre 2011

 

ED ALCUNE PREMESSE...


Non ho la pretesa di aggiungere la mia testimonianza alle vostre, così vive, sofferte, toccanti. E come potrei? Io non c’ero! Ma proprio per questo anch’io mi sento in debito verso chi, come voi, quella notte e poi nei giorni e nei mesi a seguire ha vissuto un’esperienza destinata a rimanere non solo nella memoria, ma nella vita.


La mia, perciò, è solo una parola di solidarietà, di gratitudine e di ringraziamento a tutti coloro che hanno voluto affidare a queste pagine, il ricordo e il racconto di una notte terribile e indimenticabile. La paura, lo smarrimento, la confusione, lo sgomento, l’angoscia del primo momento, il trauma del “dopo”, di fronte alla desolazione delle macerie. Ma anche e, soprattutto, la voglia di risorgere e la capacità di “ricominciare”.


L’idea, nata da due giovani operatrici telefoniche della sede dell’Aquila della Transcom Worldwide, è stata raccolta e realizzata dal capo del personale dell’azienda, Giuseppe Bertini, che si è trovato non solo a dover affrontare, come tutti, il dramma personale e familiare del terremoto, ma anche il peso e la responsabilità degli altri, dell’Azienda e delle persone che per il ruolo gli erano affidate, con tutte le conseguenze, sotto il profilo lavorativo e organizzativo.


La Transcom ha vissuto, come tante altre aziende, un periodo di difficoltà e di incertezza ma, nel luglio 2010, è “ripartita” con meno personale, senza più Simona, ma con fortissima volontà e con un insopprimibile desiderio di futuro. Questa volontà e questo desiderio affiorano da ogni pagina e sono la prova e la misura dell’impegno a ricostruire l’Azienda, per far rivivere la città, per farla rinascere, per costruire insieme il suo futuro.


Tutti insieme, così come Giuseppe Bertini è riuscito a fare prima con l’Azienda e poi con questo libro di testimonianze. Così come Padre Cristoforo Simula spiega con l’allegoria della tempesta, così come ci sprona Antonio Cappelli, così come ci insegnano i nostri figli, così come ci invita a fare la solidarietà degli italiani, che fu immediata, spontanea e commossa, e che non è svanita col passare dei mesi.


Quella notte all’Aquila c’eravate voi, ma il giorno dopo all’Aquila c’era l’Italia. Lo Stato con le sue Istituzioni quelle centrali come quelle locali e territoriali, con le sue strutture per organizzare i soccorsi, la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, le Forze dell’Ordine, i volontari, ma c’era soprattutto il cuore e il sentimento degli italiani, di tutti gli italiani.


Quel sentimento che le vostre testimonianze risvegliano oggi per richiamare tutti all’impegno e alla responsabilità comune. Il vostro ricordo doloroso dice a tutti noi che non si può, che non si deve dimenticare. E noi, siatene sicuri, non dimenticheremo e non vi lasceremo soli.

 

Gianni Letta


 

Dieci anni fa, leggendo la posta dei giornali americani nelle settimane successive all’attacco dell’11 settembre alle Torri Gemelle, scrissi che nell’animo di quella nazione si era prodotta una frattura non ricomponibile. Mai avrei immaginato di dover fare un parallelo tragicamente pertinente con quanto sarebbe accaduto otto anni dopo nella mia città a causa di un terremoto devastante. Non è mai elegante confrontare le vittime, ma trecento morti per L’Aquila sono assai di più di tremila per New York. E la ferita della mia gente è molto più circoscritta, profonda e incurabile di quella americana. Ho scritto incurabile e quasi me ne pento, perché iniziative come questo libro corale nato davanti alla macchinetta del caffè di Transcom L’Aquila dimostrano al tempo stesso che non si vuole dimenticare, ma si vuole reagire. Gianni Letta, che merita dagli aquilani una gratitudine mai sufficiente, ha ricordato efficacemente come l’idea di due operatrici telefoniche sia stata raccolta con entusiasmo dal capo del personale dell’azienda, Giuseppe Bertini. E non posso che unire la mia commozione alla sua.

Aggiungo che dopo il terremoto ho fortemente temuto che l’economia di una città già in crisi avrebbe subito il definitivo e irrecuperabile tracollo per il lento, ipocrita, fatale sfilarsi di tante aziende che pure avevano trovato a L’Aquila personale di primissimo ordine. Mi fa piacere, aquilano tra i tanti, dare atto a Transcom e ad altre aziende di aver smentito quell’amara inquietudine e di aver puntato di nuovo sulla nostra città per rinascere insieme con lei.

L’augurio dunque è che nel decennale del terremoto la ferita del 6 aprile 2009 sia in larga parte cicatrizzata intorno a una comunità tornata davvero a vivere intorno alle sue case di un tempo e ai monumenti che l’hanno accompagnata per tanti secoli.

Bruno Vespa

 

Il racconto di Antonio Cicchini

 

Quella tragica notte del 6 aprile 2009 anche io ho perso qualcosa. Ho perso quella serenità e quel senso di protezione che solo la tua casa può darti. Ognuno di noi pensa che la propria casetta, grande o piccola, sia il posto più sicuro ove tenere al riparo da ogni cosa le persone che ama. Io vivo a 150 Km da L’Aquila, in una frazione Piane d’Archi di un piccolo paese, Archi, quella notte il terremoto ha svegliato tutti, anche il mio piccolo Matteo di appena sette mesi.

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Il racconto di Antonio Angelucci

 

È difficile descrivere le sensazioni da me provate e vissute da volontario di Protezione Civile durante la tragedia che ha colpito L’Aquila e la sua popolazione il 6 aprile 2009. Ma l’esperienza umana vissuta durante il soccorso e l’assistenza alle popolazioni colpite è stata, nella sua drammaticità, straordinaria ed indelebile.

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Il racconto di Giuseppe (“Ad astra per aspera”)

 

L’Aquila, 6 aprile 2011

 

Cari bimbi,

 

queste righe le ho pensate per voi.

 

Perché voi avete avuto la fortuna di esser stati troppo piccoli quella notte di due anni fa e i segni che sono rimasti nella psiche e nel cuore di tante persone vi hanno, nella vostra spensieratezza, risparmiato.

 

Perché un giorno spero troviate il tempo ed il desiderio di leggere queste parole, affinché nasca in voi la consapevolezza di quanto siamo stati fortunati nella nostra sfortuna.

 

Il Babbo

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Prenota la tua copia del libro a 15,00 Euro e aiuta la Croce Rossa Italiana a
realizzare spazi ludici per i bambini dell'Aquila inviando una mail a:

giglioaquila@protezionecivilearchionlus.org


Le prime immagini della presentazione.

Le foto di Valentino Palmis   http://www.fotopalmis.it


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