Il devastante terremoto dell'aprile del 2009 si è portato via vite umane, ha distrutto una città capoluogo e decine di paesi del circondario aquilano ma ha anche disintegrato un tessuto economico e sociale che era già precario prima del sisma. Questo libro, scritto a più mani dai dipendenti Transcom, è il racconto in diretta di decine di persone che, in pochi secondi, si sono trovate senza punti di riferimento e con la terribile sensazione di aver perso oltre agli affetti personali e alla casa, anche il posto di lavoro.
I ricordi si snodano in percorsi a volte accidentati, a volte più lineari, sempre carichi di un dolore che prende dentro e non molla mai.
Questo è un libro da leggere non tanto o non solo perchè ripropone l'esperienza, comune a tanti aquilani, riferita ai momenti del sisma ma soprattutto perché evidenzia, più che tante altre pubblicazioni uscite nel post sisma, come ora dopo ora, giorno dopo giorno è maturata la voglia di reagire, di non arrendersi di fronte a una tragedia che tutto sembrava aver cancellato. A leggerle con attenzione le singole cronache si fanno coro in un crescendo che esplode nella volontà di tornare a esserci, di riconquistare e difendere una dignità che nel lavoro e nell'impegno trova la sua massima espressione.
Traspare una voglia di rinascere che è fondamenta di un futuro ancora tutto da costruire ma capace di scaturire solo da un civismo che supera il personale e si fa collettivo.
Quasi tutti gli autori sono giovani o giovanissimi. Se da loro parte la riscossa allora questa città non chiuderà per sempre il libro della sua storia secolare. Per questo a loro va anche il grazie di chi il sei aprile 2009 è finito in un tunnel buio nel quale non tornerà più la luce.
Giustino Parisse
Novembre 2011
Non ho la pretesa di aggiungere la mia testimonianza alle vostre, così vive, sofferte, toccanti. E come potrei? Io non cero! Ma proprio per questo anchio mi sento in debito verso chi, come voi, quella notte e poi nei giorni e nei mesi a seguire ha vissuto unesperienza destinata a rimanere non solo nella memoria, ma nella vita.
La mia, perciò, è solo una parola di solidarietà, di gratitudine e di ringraziamento a tutti coloro che hanno voluto affidare a queste pagine, il ricordo e il racconto di una notte terribile e indimenticabile. La paura, lo smarrimento, la confusione, lo sgomento, langoscia del primo momento, il trauma del dopo, di fronte alla desolazione delle macerie. Ma anche e, soprattutto, la voglia di risorgere e la capacità di ricominciare.
Lidea, nata da due giovani operatrici telefoniche della sede dellAquila della Transcom Worldwide, è stata raccolta e realizzata dal capo del personale dellazienda, Giuseppe Bertini, che si è trovato non solo a dover affrontare, come tutti, il dramma personale e familiare del terremoto, ma anche il peso e la responsabilità degli altri, dellAzienda e delle persone che per il ruolo gli erano affidate, con tutte le conseguenze, sotto il profilo lavorativo e organizzativo.
La Transcom ha vissuto, come tante altre aziende, un periodo di difficoltà e di incertezza ma, nel luglio 2010, è ripartita con meno personale, senza più Simona, ma con fortissima volontà e con un insopprimibile desiderio di futuro. Questa volontà e questo desiderio affiorano da ogni pagina e sono la prova e la misura dellimpegno a ricostruire lAzienda, per far rivivere la città, per farla rinascere, per costruire insieme il suo futuro.
Tutti insieme, così come Giuseppe Bertini è riuscito a fare prima con lAzienda e poi con questo libro di testimonianze. Così come Padre Cristoforo Simula spiega con lallegoria della tempesta, così come ci sprona Antonio Cappelli, così come ci insegnano i nostri figli, così come ci invita a fare la solidarietà degli italiani, che fu immediata, spontanea e commossa, e che non è svanita col passare dei mesi.
Quella notte allAquila ceravate voi, ma il giorno dopo allAquila cera lItalia. Lo Stato con le sue Istituzioni quelle centrali come quelle locali e territoriali, con le sue strutture per organizzare i soccorsi, la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, le Forze dellOrdine, i volontari, ma cera soprattutto il cuore e il sentimento degli italiani, di tutti gli italiani.
Quel sentimento che le vostre testimonianze risvegliano oggi per richiamare tutti allimpegno e alla responsabilità comune. Il vostro ricordo doloroso dice a tutti noi che non si può, che non si deve dimenticare. E noi, siatene sicuri, non dimenticheremo e non vi lasceremo soli.
Gianni Letta
Dieci anni fa, leggendo la posta dei giornali americani nelle settimane successive allattacco dell11 settembre alle Torri Gemelle, scrissi che nellanimo di quella nazione si era prodotta una frattura non ricomponibile. Mai avrei immaginato di dover fare un parallelo tragicamente pertinente con quanto sarebbe accaduto otto anni dopo nella mia città a causa di un terremoto devastante. Non è mai elegante confrontare le vittime, ma trecento morti per LAquila sono assai di più di tremila per New York. E la ferita della mia gente è molto più circoscritta, profonda e incurabile di quella americana. Ho scritto incurabile e quasi me ne pento, perché iniziative come questo libro corale nato davanti alla macchinetta del caffè di Transcom LAquila dimostrano al tempo stesso che non si vuole dimenticare, ma si vuole reagire. Gianni Letta, che merita dagli aquilani una gratitudine mai sufficiente, ha ricordato efficacemente come lidea di due operatrici telefoniche sia stata raccolta con entusiasmo dal capo del personale dellazienda, Giuseppe Bertini. E non posso che unire la mia commozione alla sua.
Aggiungo che dopo il terremoto ho fortemente temuto che leconomia di una città già in crisi avrebbe subito il definitivo e irrecuperabile tracollo per il lento, ipocrita, fatale sfilarsi di tante aziende che pure avevano trovato a LAquila personale di primissimo ordine. Mi fa piacere, aquilano tra i tanti, dare atto a Transcom e ad altre aziende di aver smentito quellamara inquietudine e di aver puntato di nuovo sulla nostra città per rinascere insieme con lei.
Laugurio dunque è che nel decennale del terremoto la ferita del 6 aprile 2009 sia in larga parte cicatrizzata intorno a una comunità tornata davvero a vivere intorno alle sue case di un tempo e ai monumenti che lhanno accompagnata per tanti secoli.
Bruno Vespa
Il racconto di Antonio Cicchini
Quella tragica notte del 6 aprile 2009 anche io ho perso qualcosa. Ho perso quella serenità e quel senso di protezione che solo la tua casa può darti. Ognuno di noi pensa che la propria casetta, grande o piccola, sia il posto più sicuro ove tenere al riparo da ogni cosa le persone che ama. Io vivo a 150 Km da LAquila, in una frazione Piane dArchi di un piccolo paese, Archi, quella notte il terremoto ha svegliato tutti, anche il mio piccolo Matteo di appena sette mesi.
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Il racconto di Antonio Angelucci
È difficile descrivere le sensazioni da me provate e vissute da volontario di Protezione Civile durante la tragedia che ha colpito LAquila e la sua popolazione il 6 aprile 2009. Ma lesperienza umana vissuta durante il soccorso e lassistenza alle popolazioni colpite è stata, nella sua drammaticità, straordinaria ed indelebile.
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Il racconto di Giuseppe (Ad astra per aspera)
LAquila, 6 aprile 2011
Cari bimbi,
queste righe le ho pensate per voi.
Perché voi avete avuto la fortuna di esser stati troppo piccoli quella notte di due anni fa e i segni che sono rimasti nella psiche e nel cuore di tante persone vi hanno, nella vostra spensieratezza, risparmiato.
Perché un giorno spero troviate il tempo ed il desiderio di leggere queste parole, affinché nasca in voi la consapevolezza di quanto siamo stati fortunati nella nostra sfortuna.
Il Babbo
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